…il Racconto del 2021

Le Meraviglie della Tuscia

Anche il secondo anno da quando, su questo blog e su Tusciaweb , ho iniziato a raccontarvi le storie fotografiche del nostro territorio sta per concludersi. Ho pensato di ripercorrere insieme il percorso di monumenti e paesaggi, più o meno conosciuti, che hanno fatto parte di questo lungo anno ancora in emergenza sanitaria, con la speranza che quello futuro ci permetta di uscirne una volta per tutte.

Iniziamo questa carrellata dalla notizia dei primi giorni di gennaio 2021 che riportava che otto borghi della Tuscia erano entrati nella lista delle zone più adatte (?) per realizzare un deposito dei rifiuti radioattivi “made in Italy”. La questione ancora è in atto, con le proteste di cittadini e associazioni che vanno avanti cercando di bloccare questo scempio ambientale che la Tuscia non si merita.

Continuiamo il percorso con Tarquinia, cittadina che qualcuno ha definito la San Gimignano della Tuscia: la sua ricchezza architettonica sta nelle torri medievali e nella doppia cinta muraria.

Dal mare al punto più alto della nostra provincia è un attimo. Li rivedo, alti, quasi a sfiorare il cielo, le radici profonde, conficcate nella terra dei Cimini, carichi di forze antiche. È la foresta del monte Cimino, nota come faggeta di Soriano nel Cimino, che ricopre 50 ettari e con i suoi 1053 metri è il punto più alto della Tuscia.

Non ci allontaniamo più di tanto da Soriano nel Cimino per andare nella vicina Bomarzo, e precisamente nella Necropoli di Santa Cecilia. Il luogo è piuttosto enigmatico e lo si intuisce subito guardandosi intorno, scoprendo pian piano i vari strati di vita vissuta in tanti secoli di storia. La necropoli e i ruderi della chiesa di Santa Cecilia si aprono dopo aver attraversato una tagliata etrusca che si collega con le tantissime tombe scavate direttamente nella roccia.

A metà febbraio il freddo e il gelo diventano un tutt’uno con la tramontana che soffia sul lago di Bolsena, facendo accrescere le sculture di ghiaccio nell’approdo del borgo di Marta.

Restando sulle colline del Lago di Bolsena raggiungiamo Gradoli con il suo Palazzo Farnese. Lo vedi da lontano, fiero e austero allo stesso tempo. Lo vedi in cima alla collina, con i suoi 460 metri sopra il livello del mare, che domina la parte nord-occidentale del lago di Bolsena, ricca di ulivi secolari e vigneti che hanno saputo conquistarsi il riconoscimento DOC per il famoso Aleatico.

Da Gradoli a Grotte di Castro la strada è breve, e ci riporta alla storia dei murales di Francesco del Casino che rischiano di scomparire se non si interviene per conservarli. Il Maestro, senese di nascita, è definito il padre del muralismo orgolese e ha lasciato alla comunità di Grotte di Castro quattro opere uniche nel suo genere, dove si vedono in modo espressivo lo stile e l’influenza di due grandi come Guttuso e Picasso, e che il Maestro ha saputo sapientemente miscelare in questo spaccato del borgo.

Dall’alta Tuscia ci spostiamo a Corchiano e alle sue Forre che sono “strade”, scavate nel tufo e anticamente utilizzate come vie di comunicazione, e che adesso invece trasportano il visitatore verso una realtà parallela. Da fotografo, semi-digiuno di nozioni di archeologia e privo della smania del turista, mi è sembrato che il luogo si prestasse bene a degli scatti che facessero percepire questa sua alterità, il suo trovarsi ai margini del quotidiano.

Ancora per le antiche strade della Tuscia, dalle Forre alla via Francigena. Questa strada si snoda sul basolato dell’antica consolare romana della via Cassia, che partendo da Roma attraversava tutta l’Etruria fino all’alta Toscana, per poi congiungersi ad un’altra importante consolare, la via Aurelia, che portava gli antichi romani fino in Francia.

Arriva l’estate e una delle mie fotostorie si concentra sulle isole del lago di Bolsena, che hanno un fascino inimitabile come le storie e le leggende che sono attribuite da più parti. Come quella di Amalasunta, Regina dei Goti, che la leggenda vuole assassinata proprio nella piccola Isola Martana. Le storie che si tramandano i pescatori del luogo raccontano che, nei giorni di tramontana, le sue antiche grida di dolore dalla Torre (posta sul costone più alto, a strapiombo sul Lago) echeggino per tutto il lago, trasportate dal vento.

Ritorno alle pendici dei monti Cimini, precisamente a San Martino al Cimino per scoprire le bellezze del Palazzo Doria Pamphilj, dove incontro Colombo Bastianelli, che insieme a Luca Salvatelli è l’autore di uno scritto dedicato a San Martino al Cimino dal titolo “Non urbem sed orbem”. La frase per esteso recita “Non terra ma città, non città, ma mondo” ed è stata pronunciata da Innocenzo X Pamphilj nell’ottobre del 1653, nel corso della sua seconda visita ufficiale a San Martino.

Termino quest’anno di racconti e immagini con una storia che ho iniziato con “c’era una volta”, ma qui mi sono fermato, poiché quella storia di rocche, torri e castelli del lago di Bolsena ho voluto raccontarla non come una fiaba, ma tramite un racconto fotografico accompagnato dagli aneddoti tramandati dagli amici incontrati in quel viaggio.

E un altro viaggio fatto di racconti inizierà con il nuovo anno. Ringraziando tutti voi per avermi accompagnato in questo appena passato, vi saluto augurando un sereno Natale e un felice anno nuovo, che porti certezze, serenità e benessere (magari ammirando anche qualche bella foto!). Maurizio

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