Il Palazzo Doria Pamphilj

Fa molto caldo in questo 12 agosto 2021 e la temperatura potrebbe raggiungere anche i 39 gradi. Mi siedo all’ombra della grande Abbazia cistercense che domina il borgo di San Martino al Cimino e aspetto.

Il mio amico Sebastian Serafini, che ringrazio anticipatamente, mi ha dato la possibilità di entrare a Palazzo Doria Pamphilj accompagnato da una guida d’eccezione,

Colombo Bastianelli, che insieme a Luca Salvatelli è l’autore di uno scritto dedicato a San Martino al Cimino dal titolo “Non urbem sed orbem”. Proprio partendo da questa frase voglio brevemente citare la storia del Palazzo di San Martino. La frase per esteso recita “Non terra ma città, non città, ma mondo” ed è stata pronunciata da Innocenzo X Pamphilj nell’ottobre del 1653, nel corso della sua seconda visita ufficiale a San Martino.

 

Ecco, anche per me il mondo si è aperto quando Colombo mi ha fatto entrare nel Palazzo. Quanti di voi hanno potuto visitare un luogo importante in solitudine, ascoltando la storia che rimbomba per le sale o per i corridoi, che si succedono intrecciandosi in un vortice di affreschi e racconti? Colombo è appassionatamente legato a questo luogo: la sua narrazione non ha pause, ma scorre come un fiume in piena.

 

Iniziamo dal Cantinone sottostante al piano stradale una volta usato come ospedale dai monaci della vicina abbazia. Saliamo nei piani alti attraverso lo Scalone del Borromini e troviamo ad accoglierci la Sala dedicata a Donna Olimpia Maidalchini Pamphilj, cognata del Pontefice Innocenzo X: a lei si deve la ristrutturazione del borgo di San Martino al Cimino, che ad oggi rimane un vero modello di urbanistica. Donna Olimpia resta nella storia del Palazzo uno dei personaggi (se non il personaggio) più discussi di quella Roma barocca che le valse l’appellativo dal gusto canzonatorio di “papessa” che il popolo romano le accollò senza ritegno. Lo Scalone del Borromini ci porta fino all’ultimo piano del Palazzo, da cui si gode di una vista meravigliosa, un panorama che spazia da Viterbo fino a Monte Argentario.

 

Usciamo dal Palazzo per raggiungere la vicina Abbazia, con ancora addosso il fresco, subito sostituito da un caldo rovente. Per fortuna entriamo, tramite una porticina laterale, nell’Abbazia, e ci troviamo nella bellissima Sala Capitolare, detta anche “del trebbio”, con affreschi che sottolineano i possedimenti pamphiljani di Attigliano, Alviano, Monte Calvello, Guardea.

 

La mia visita al Palazzo Doria Pamphilj termina qui. Ringrazio nuovamente Colombo Bastianelli per avermi dato il privilegio di una visita privata di questa meraviglia della Tuscia. Ho goduto nell’osservare ogni particolare e consiglio a chiunque di mettere in preventivo una visita a questo gioiello della nostra terra. Ora vi invito anche a godervi le immagini, proprio perché, come recita una frase di Elliott Erwitt, fotografo statunitense, “il punto principale di scattare foto è di non dover spiegare le cose con le parole”.

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