Dopo un lungo cammino tra pietre laviche, alberi secolari e mulattiere trasformate in sentieri che s’intrecciano tra di loro, al punto da far perdere l’orientamento, incantato dalla bellezza naturale del luogo, mi ritrovo davanti ad un antico mausoleo in forma gotica.
Un raggio di sole lo taglia nel mezzo e le fronde degli alberi fanno da cornice; sento in lontananza delle voci che si perdono a poco a poco, la mia mente è fissa al silenzio, subito rotto dallo scatto della mia macchina fotografica. Penso di essermi perso nel bosco delle fiabe – così è stato definito dal National Geographic, la bibbia per chi si interessa di ambiente e patrimonio storico. Il luogo in cui mi trovo prende il nome di Bosco del Sasseto. Ne esco affaticato ma consapevolmente arricchito: ho avuto l’impressione di trovarmi in una foresta di altre latitudini, ma invece sono nell’alta Tuscia nel comune di Acquapendente, a due passi da casa.
Uscendo dal Bosco del Sasseto mi ritrovo proprio sotto il maniero del Castello di Torre Alfina: ad attendermi l’amico Franco Antonaroli, che mi apre l’imponente portone e mi fa entrare in questo magico luogo. Un ampio cortile con a lato una grande terrazza immersa in un piccolo giardino all’italiana e, dopo la balaustra, la statua bronzea di Tony Bin, lo stallone che rese famoso uno degli ultimi proprietari del Castello, prima che cadesse in bancarotta. Da poco lo stato amministrativo è passato a una società che ha acquistato la proprietà, e il Castello è pronto per una nuova vita.
E di vite il Castello già ne avute parecchie, perché nasce nell’VIII sec. come una Torre di avvistamento, prendendo il nome dall’altopiano dell’ Alfina, forse di origine etrusca. Con il passare del tempo il piccolo borgo viene fortificato e diventa il feudo della famiglia Monaldeschi della Cervara, per circa 500 anni. Sul finire del XVII sec. lo ereditarono i marchesi Bourbon, e nella seconda metà del XIX sec. il Castello divenne la dimora del conte Edoardo Cahen, che diede mandato all’architetto senese Giuseppe Petrini di ristrutturarlo completamente, e si fece edificare nel tanto amato Bosco del Sasseto un mausoleo in stile neogotico dove riposare in eterno.
Finisce qui la sintesi delle traversie o fortune di questo Castello, che è uno dei più antichi del Lazio; mi ritrovo a salire una bellissima scala in marmo bianco, dove nella sala antistante trovo anche la carrozza che usava il marchese per recarsi in paese. Il piano nobile è da fiaba, una lunga galleria illuminata da ampie vetrate e decorata magistralmente da Pietro Ridolfi, specializzato nell’arte a tempera murale, a cui il marchese Rodolfo Cahen, figlio di Edoardo, affidò la realizzazione totale dei lavori di pittura del Castello, tra i quali il dipinto che rappresenta la scena finale dell’opera scritta da D’Annunzio, “Sogno di un tramonto d’autunno”, e musicata proprio dal marchese.
Nella galleria si sente solo il rumore degli scatti della mia macchina fotografica che continua a raccontare questa storia, anche se a tratti sento degli strani cigolii, come se qualcuno camminasse nelle torri del Castello – ma sono solo dicerie popolari. Ritrovo al termine della visita Franco, che mi racconta che il Castello, oltre ad essere una location per eventi di alto livello, ultimamente è stato anche set cinematografico per una serie della Disney per bambini (“I Cavalieri di Castelcorvo”, con la regia di Riccardo Antonaroli, nativo proprio di Torre Alfina e Alessandro Celli). Che dire, trovo sempre più sorprendente la Tuscia; questa volta mi ha portato in uno dei borghi più belli d’Italia, dove ho visitato uno dei Castelli più belli del Lazio.
Complimenti Maurizio, sei riuscito a rendere reale la bellezza di questo luogo magico. Il bosco, il castello e il borgo rappresentano un’unica anima diventando una meravigliosa visione che accoglie affascinando il visitatore.
Grazie a te che mi hai dato la possibilità di raccontare questa bellezza della Tuscia.